Le speranze di arrivare ad un accordo di pace tra governo ugandese e ribelli cristiani del LRA sono definitivamente naufragate. Dopo sei settimane di tregua, in cui le due delegazioni di pace non sono riuscite neanche ad incontrarsi, il presidente Museveni ha dato l’ordine di riprendere le ostilità.
Indubbiamente, le responsabilità del LRA per il fallimento delle trattative sono grosse: il gruppo capeggiato da Joseph Kony ha violato più volte il cessate-il-fuoco nel nord del paese, ha rifiutato di incontrare le varie delegazioni di pace uccidendo addirittura un inviato del governo. Secondo le autorità ugandesi, dal 10 marzo i ribelli avrebbero fatto 64 morti e 192 prigionieri.
L’ultimo attacco del LRA sarebbe avvenuto pochi giorni fa nel campo profughi di Oroko, nel distretto di Gulu. I ribelli si sarebbero introdotti nel campo e avrebbero accusato gli abitanti di aver rubato delle armi ad un miliziano, aprendo il fuoco contro i civili. Per Museveni il tempo delle trattative è chiuso, e grazie a una nuova fornitura di armi le UPDF (l’esercito ugandese) potranno scatenare l’offensiva finale.
Espulso inviato ONU
Il rappresentante in Uganda dell’ACNUR (Alto Commissariato ONU per i Rifugiati) è stato espluso venerdì scorso in seguito a contrasti con le autorità governative riguardanti lo spostamento di 16.000 profughi sudanesi in una zona giudicata dall’ACNUR poco sicura.
I profughi avevano subìto l’anno scorso numerosi attacchi da parte dei ribelli LRA, ed erano stati trasferiti nel campo di accoglienza di Kiradongo, nel distretto di Masindi. Dato il sovraffolamento di Kiradongo, le autorità ugandesi hanno però deciso di trasferire 16.000 profughi sudanesi nella regione dell’Ovest Nilo, molto vicino ad il confine col Sudan.
Le proteste del rappresentante dell’ACNUR, Saihou Saidy, avrebbero portato all’espulsione, nonostante sia l’ACNUR sia Kampala si siano affrettati a gettare acqua sul fuoco. Mentre il capo dell’ACNUR Ruud Lubbers ha affermato che l’episodio non influenzerà la cooperazione con il governo ugandese, le autorità di Kampala hanno dichiarato che non ci sarebbe stata alcuna espulsione, ma che il mandato di Saidy in Uganda sarebbe terminato.