VIAGGIO IN UGANDA NATALE 2007

Viaggiare è anche concedersi una sosta per meditare su ciò che hai visto

Dade Antonini

19 dicembre 2007

Sono le 4,45 Aeroporto Malpensa. Laura mi accompagna.
Primo incontro fortunato della giornata. La Signorina del check-in mi accetta 43 kg di bagaglio. Non sa che ho la zavorra a mano di 17 kg che Laura conserva ben distante dalla bilancia. Totale 60 kg.
Raggiungo il gate. Mi guardo intorno per cercare la possibile compagna di viaggio. Mi sorride una signora molto giovane. Questo è il secondo incontro fortunato della giornata. Va a Kampala con il figlio per raggiungere il marito che lavora per la Fao ed è di Villasanta!!
Arrivo a Bruxelles ore 7,12. Vaghiamo per l’aeroporto per far passare il tempo. Puntatina al Duty Free per accontentare i viziati.
Partiamo da Bruxelles alle 12,05. (1,25 minuti di ritardo).
Ore 13 Aperitivo, siamo sopra Verona e si vede il lago di Garda. Sono partita da Velasca alle 3,40. A dire il vero non è che ho fatto molta strada.
Ci danno da compilare un modulo per l’emigrazione (motivo del soggiorno in Uganda… in inglese, francese.ecc), si sono scambiati i ruoli mi sento extrafricana.
Con l’aiuto di una ragazza Islandese seduta al mio fianco riesco a compilarlo. Terzo incontro fortunato. E’ figlia dell’ambasciatrice d’Islanda a Kampala; va a passare il periodo natalizio da lui: parla inglese. All’inizio domina il silenzio. Ogni tentativo di scambiare qualche parola finisce sempre con un boh! sia da parte mia, che da parte sua. Ma con un po’ d’insistenza prima della fine del viaggio siamo riuscite a raccontarci di noi e a essere complici nel divertirci alle spalle delle hostess e stuart per ciò che combinano e per ciò che succede in aereo.
Le ruote dell’aereo toccano terra UAW! ce l’ho fatta. Ora mi aspettano le pratiche dell’aeroporto, visto, dogana, ritiro bagaglio.
Alla dogana incontro una poliziotta Ugandese molto “pacciarotta” che mi rivolge delle domande in inglese. Più che mai faccio la faccia inebetita e dichiaro di essere italiana. Mi chiede cosa ho da dichiarare sempre in inglese, rispondo no speack english. Si arrende mi fa un largo sorriso e con le due mani ancora più larghe mi fa ciao. E vai! E’ passato tutto!
Il quarto incontro fortunatissimo della giornata è il mio caro Joseph. Gli corro incontro e l’abbraccio per me e per tutti voi.
Sono quasi le 24,30, ci avviamo al parcheggio, tento di salire dalla parte del guidatore, (la guida è all’inglese) Joseph mi offre le chiavi e mi chiede se voglio guidare. Grande risata. Torno dalla mia parte, ci avviamo verso Kampala.
Vediamo un grande edificio super illuminato: è la casa di rappresentanza del Presidente Museveni messo nel suo massimo splendore per la visita della Regina Elisabetta d’Inghilterra avvenuta verso la metà di novembre. Joseph mi spiega che hanno speso una valanga di soldi per rinnovare l’aeroporto, le aiuole, le rotonde, (nel 96 il pavimento dell’aeroporto era di cemento come quello del mio box), ma quel che è più grave che ne hanno “ magnati” ancora di più.
Tutto intorno, distante solo 500 metri, soltanto povertà, miseria e disperazione.
Arriviamo alla Moroto House. Il nostro punto d’appoggio quando siamo a Kampala. Ormai sono quasi le due e troviamo l’ultima sorpresa: Joseph mi avverte che è ospite anche il Vescovo Denis perché in cortile vede parcheggiata la sua macchina. Vista l’ora dorme sonni tranquilli.

20 dicembre

Dopo la colazione decidiamo d’andare in centro a Kampala, per liberarci di quel malloppo che mi pesa dalla partenza dall’Italia e che preoccupava tanto Elena. Prendiamo il boda-boda, motorino che fa da taxi, per muoverci meglio in mezzo al traffico: divertentissimo! Joseph davanti con una moto, io dietro con l’altra. Andiamo a cercare il cambio più conveniente e così per ridere guadagniamo ben 1000 euro in più.
Ci fermiamo dalle Edizioni Paoline, si è proprio vero ci sono le Paoline Italiane. Joseph acquista dei calendari. Chiediamo dove trovare un negozio per acquistare degli addobbi natalizi. Ci indicano un supermercato. Comperiamo caramelle (quelle portate dall’Italia sono “troppo poche”, i bambini della parrocchia sono un’infinità), carta da regalo, addobbi natalizi.
Facciamo altre commissioni. Passiamo dal meccanico per mettere a punto l’auto per affrontare il viaggio di domani. Andiamo in un negozio di alimentari italiano, l’unico a Kampala, a fare spesa. Joseph mi confessa che ha nostalgia della cucina italiana. Comperiamo pasta, pelati, carne trita per il ragù, mozzarella, dadi, una bottiglia di vino, pandoro per festeggiare il Natale, ecc. ecc. Verso il Nord non si trova più niente. Solo fagioli, farine per le varie polente, crauti, tapioca, riso. Per fortuna a Morulem di frutta ce n’è in abbondanza.

21 dicembre

DA KAMPALA A MORULEM

Partenza da Kampala ore 6.
Colazione alle ore 10, servita al finestrino della macchina: pannocchia abbrustolita e tapioca grigliata: una delizia, soprattutto quando si ha fame.
Ci sono dei punti della strada impossibili da praticare, a volte ci sono camion rovesciati o bulli che ci sorpassano. Li vedi viaggiare a velocità sostenuta, fino all’orizzonte e alla fine della strada, che sembrano degli elicotteri. Dopo qualche chilometro ci sono le sospensioni partite, ammortizzatori rotti e motore fuso.
Con l’abilità di Joseph arriviamo a Lira. Ci fermiamo da Santa, cognata di Joseph, per prendere i bambini e portarli al villaggio di Awach per trascorrere le vacanze di Natale.
Sorpresa: è appena arrivata Ester, sorella di Joseph, da Gulu dove frequenta una scuola universitaria. Sono tanto felice di vederla. L’ultima volta che l’ho vista era una bambina, nel lontano 96, ora è una donna, per giunta bellissima. Joseph contava molto su di lei. Voleva farla studiare per renderla indipendente, colta, istruita anche perché ha molte capacità. Lei ha scelto l’amore. Joseph ha imposto ad Ester e al suo amato di finire gli studi e frequentare lei a Gulu e lui a Kampala le università. Che il Signore benedica loro e il bambino che nascerà tra poco.
In un attimo si forma un nuvolo di bimbi che mi guardano con occhi compassionevoli. Come faccio a non dargli qualche caramella, ma aumentano sempre di più.
Finalmente si parte. La jeep è strapiena: i miei bagagli, la spesa fatta a Kampala, Santa, Ester, Joseph, io e in più quattro bambini.
Tra la monotonia del viaggio e qualche scossone, tiriamo fuori un cartoccio di cavallette tostate, comperate a Kampala. Non potete immaginare la gioia dei bambini e anche dei grandi.
Dopo un attimo di esitazione ci sto anch’io e devo dire che assomigliano a dei gamberetti, ma con poca ciccia.
Arrivo a Morulem alle 15,30. Che emozione! Baci e abbracci. Mi accompagnano nella camera che sarà mia per un mese. E’ la casa delle Suore Comboniane che hanno lasciato nel periodo dei disordini.
Stupendo! Bagno in camera, acqua calda e fredda; così evito di uscire ai servizi e trovarmi i pipistrelli che di notte mi assalgono in picchiata, come già successo. Piccolo inconveniente: vado in bagno per le solite necessità, tiro lo sciacquone, c’è qualcosa che si muove. Aiuto che spavento! E’ un povero geco che cerca di non annegare.
Sul tavolo trovo un bellissimo bigliettino di benvenuto con le foglie di banano preparato da Sister Mary Angelorum. L’emozione mi stringe la gola.
Sister Mary Angel e Sister Bibiana dormono nelle camere vicino alla mia, una a destra e l’altra sinistra per proteggermi, difendermi, ma soprattutto per coccolarmi.
Notizie tristi dall’Italia: Dario sarà operato oggi al san Raffaele. Silvia anche lei. Che Dio li metta nel palmo della sua mano e lo Spirito Santo illumini i medici che li operano.
Domattina presto si parte per Kotido, c’è l’ordinazione diaconale di Peter.

22 dicembre

KOTIDO: Ordinazione diaconale di Peter

Faccio colazione dopo la Messa. Mi sembra di aver mangiato abbastanza, ma Sister Bibiana mi suggerisce di mangiare ancora perché la cerimonia inizierà alle 10 e fino le 15 non c’è possibilità di riempire lo stomaco.
Partiamo per Kotido. Le mie guardie del corpo mi suggeriscono l’abbigliamento per affrontare la strada e ripararsi dalla terra rossa che filtra da ogni parte: foulard in testa e pareo intorno alla vita. Siamo pronti. Ad Abim raccogliamo Padre Davide Ochole, con grande sorpresa perché mi sono nascosta dietro i vetri a specchio della macchina. Solite risate ed emozioni.
Peter ha studiato in Austria, ha finito gli studi potrebbe già essere stato ordinato sacerdote, ma il Vescovo non trovava i suoi documenti.(?)
Inizia la cerimonia, presiede l’assemblea il Vescovo Enrico di Moroto. Sono presenti due cori: uno di Kabon e l’altro di Kanawat.
Sono soffocata dai bambini; chi mi accarezza le braccia, chi le mani, anche le dita dei piedi: la mia pelle è diversa dalla loro. Forse credono che sia surgelata.
Passa il corteo con tutti i sacerdoti. Incrocio gli occhi di Padre Piero Ciaponi, (Valtellinese doc, ci siamo incontrati anche a Caspoggio), mi stringe la mano e mi commuovo, arriva il Vescovo mi benedice e mi dà la mano anche lui. I canti sono sublimi: un coro canta bene l’altro di più, le urla caratteristiche ugandesi aumentano la commozione. Sono una dei cinque bianchi presenti nella chiesa. Alle 14,15 la cerimonia è finita. Ci avviamo per il pranzo.
Conosco l’amministratore che sostituisce il Vescovo in questo periodo di transizione, in attesa della nuova nomina. E’ uno scozzese dei sacerdoti Mill Hill
Il Vescovo Enrico mi viene incontro; si rivolge a me in italiano e fa lo spiritoso “salutiamo l’autorità”. Gli rispondo “ sei tu la mia autorità. C’è DIO, il PAPA e poi ci sei TU”
Mi presentano un sacerdote comboniano filippino di nome Noli, simpaticissimo, parla un po’ italiano. Il pranzo l’ha preparato lui. Sa tutto sulle lasagne, la carbonara, la puttanesca. Verrà in Italia, a Verona, per seguire un corso di Italiano.
Andiamo a visitare la cattedrale di Kotido, solo esterna perché non ci sono le chiavi, ma praticamente è finita. Stanno collegando la luce per utilizzarla nella notte di Natale. Sarà intitolata a Gesù Buon Pastore.
Facciamo un giro nei locali della diocesi, per rivedere i luoghi dove siamo stati nelle precedenti visite…Ora è completamente vuota. Un “fratello” laico fa da custode. Andiamo a salutare Grace, ex segretaria di Joseph.
Ritorniamo a Morulem, quando ormai è sera.
Al nostro arrivo troviamo pronto un bel pranzetto. Le suore hanno scoperto che oggi è il mio compleanno. Non hanno potuto preparare la torta perché non c’erano tutti gli ingredienti. Decidiamo di fare il taglio del galletto in mancanza della torta e festeggiamo in allegra compagnia.
Non capisco perché ogni volta che attraverso il tragitto per andare in camera mia non mi lasciano mai sola. Mi accompagnano sempre e per giunta con una pila, anche se c’è la luna piena….
Sr Bibiana mi racconta che poco tempo fa hanno visto un serpente e con destrezza omicida e con un mattone l’hanno fatto fuori. Mi avvertono anche che è bene prendere sempre la pila, per sapere dove si mettono i piedi perché ci potrebbero essere anche qualche ragno o scorpione.

23 dicembre

PUPUKAMUJA: prima cappella

E’ domenica e Joseph mi invita ad iniziare un cammino pastorale con lui: visitare la cappella lontana dalla parrocchia diversi chilometri. Approfitta della stagione secca per poterla raggiungere perché al tempo delle piogge è impossibile, poiché le strade sono impraticabili.
Dopo aver sbrigato un po’ di impegni da parroco partiamo.
Troviamo una famiglia per strada con due bambini gemelli di due anni. Ci chiedono un passaggio. Joseph fa qualche domanda. S’impietosisce perché i due bimbi sono stati dimessi dal dispensario, avevano già fatto una decina di chilometri a piedi, gliene mancavano altri 30 per arrivare al loro villaggio, sotto il sole a picco.
Arriviamo al villaggio. Troviamo una cappella quasi distrutta, un crocefisso appeso, unico segno che distingue una catapecchia da una chiesa. Incontriamo i catechisti. Dall’abbigliamento dei bimbi ci si accorge subito che è un villaggio molto povero, i loro vestiti sono più buchi che stracci.
Joseph si prepara per la Messa. Dà la possibilità di confessarsi a chi lo desidera. Intanto arrivano i fedeli e la chiesa si riempie. Soprattutto sono bambini, in Africa i bambini sono sempre tanti. Joseph si rivolge a loro nell’omelia. Io non capisco la lingua. Nella mia mente scorre la differenza che c’è tra questi bambini e i nostri in Italia. Come passano questi giorni di Natale, gli uni e gli altri? Perché questa enorme differenza nel modo di vivere? Mi consola solo una cosa: nonostante tutto,i più felici sono ancora i bimbi africani.
Una ragazza mi viene incontro, si regge su un bastone, ho un momento di smarrimento, subito mi illumino: e’ Hellen una ragazza adottata da Fulvia ed Agostino Arrigoni, l’abbraccio e lei fa altrettanto. Abita in questo villaggio. Ha finito la scuola secondaria e ora sta frequentando un corso per imparare a fare la sarta a Moroto: questo è uno dei pochi casi in cui Amiko continuerà ad aiutarla nel proseguire gli studi dopo la secondaria
Alla fine della Messa i catechisti ci chiedono di fermarci a mangiare, è un modo di condividere e stare con loro. La moglie di un catechista si inginocchia davanti a me, versa una brocca d’acqua, mi da’ il sapone, mi risciacqua le mani che poi si asciugano da sole. La tradizione vuole che si deve incominciare a mangiare prima che le mani siano completamente asciutte. C’è l’obbligo di mangiare con le mani perché non esistono posate (tre dita a mo’ di forchetta) me la cavo benissimo Questo pranzo è composto da circa mezzo chilo di polenta e un pentolino grande quanto quello che uso per fare la pappa a Isacco, con cinque pezzi di carne essiccata coperta con una salsina di sesamo. Siamo più persone dei pezzi di carne. La moglie non mangia e un catechista mangia solo polenta e pucetta. Per finire ci offrono un po’ di birra fatta da loro con dei cereali. Io l’assaggio per rispondere cortesemente alla loro ospitalità e condividere fino in fondo il pranzo. Sicuramente hanno offerto tutto quello che potevano. Joseph mi chiede se ho ancora fame. Non ho il coraggio di dire sì, perché se basta per loro deve bastare anche per me.
Andiamo a visitare la scuola. Joseph mi spiega che questa scuola è stata costruita cinque anni fa con gli aiuti dei governi occidentali, come il governo italiano, che aiutano i paesi poveri. Il governo regala trenta milioni di scellini. Il governo ugandese incomincia a servirsi del 30% di questa cifra: dopo un paio di bustarelle date alla commissione che assegna gli appalti rimangono 10-15 milioni, per costruire. La scuola dopo cinque anni è piena di crepe che vanno da una parete all’altra, il pavimento con il cemento che si solleva, praticamente la scuola è inagibile. Però qualcuno si è arricchito alle spalle della povera gente. Questo è un esempio di come girano i soldi nei paesi poveri.
Torniamo a casa circa alle 16,30 col cuore pieno di amarezza.

24 dicembre

Vigilia di Natale

Sono disperata: sto’ confezionando dei pacchettini di caramelle per il giorno di Natale e non finiscono mai. Per forza devo finire questa sera. Joseph prevede almeno 500 bambini. Mi sa che devo diminuire la dose per ogni pacchetto. Invece di tre caramelle devo passare a due perché altrimenti non bastano.
Fervono i preparativi. Ognuno è occupato per qualche mansione, chi prepara il presepe, chi l’addobbo della chiesa, chi prepara i fiori, chi fa le prove del coro, le bambine preparano le danze: Joseph è l’addetto per l’elettricità: mette a punto gli altoparlanti, le lucine colorate comprate a Kampala per il presepe e il generatore per far funzionare tutto. Ci aiutano ben 15 seminaristi, che sono tornati nei loro villaggi, in questo periodo in vacanza. Sono dispiaciuti perché non c’è nemmeno un palloncino da addobbare la chiesa. Appena lo vengo a sapere vado a frugare nelle mie borse, ne ho in grande quantità: mi sono stati offerti dal benzinaio Erg di Oreno. Capitano proprio a fagiolo. Alcuni seminaristi sono impegnati col compressore a gonfiarli. Io suggerisco che si possono gonfiare ancora di più. Sbagliato! Col caldo che fa qui scoppiano.
Arrivano a cercarmi le Suore perché vogliono qualche suggerimento per una torta: chiedo NO!NO! Avete il lievito NI! (hanno quello dei ciapati-piadine) Avete lo yogurt NOOO! Cerchiamo nella casa delle suore comboniane che hanno lasciato un anno fa. Troviamo il cacao. Telefono a Laura perché non mi ricordo le dosi. Avete la bilancia? NO! Suggerisco a Laura di trasformare le dosi in bicchieri proporzionalmente: ecco fatto: Sister Mary Angel si mette all’opera: si scalda il forno della stufa a legna … e la torta è fatta, domani l’assaggeremo.
Questa sera alla Messa delle 19 ci sono 20 bambini che ricevono la comunione per la prima volta.
Si riempie la chiesa: la gente è contenta e meravigliata degli addobbi, a Morulem non hanno mai visto una chiesa addobbata così bene. Sull’altare ci sono fiori di frangipani. Incominciano i canti e le danze delle bambine. Un’esplosione di fede per Gesù che nasce ancora fra noi . Non posso fare a meno di soffermarmi un momento e dire una preghiera per i miei cari in Italia.
Alla fine della Messa Joseph consegna ai bambini della prima comunione un rosario e una stellina che accendono fuori dalla chiesa. Non riesco a fare le foto perché sono tutti ammassati a vedere questa novità.
Corro in cucina a preparare un risotto con i funghi all’italiana. Padre Daniel e Brother Jonh sono molto scettici. La cuoca Lina, Sr Bibiana e Sr Mary Angel seguono per filo e per segno il procedimento della cottura. Bibiana è stata in Italia diversi anni nei pressi di Gallarate e apprezza molto i piatti italiani.
Dopo il primo assaggio anche gli scettici si ricredono. Buona vigilia a tutti a chi è qui vicino e a chi è lontano: a Dario, a Silvia, a tutti i parenti e gli amici, ai Velaschesi, ai Caspoggini.
Vado a letto molto tardi per finire i pacchettini di caramelle e per incartare i regalini per chi sarà presente al pranzo di domani. Studiamo anche la strategia per nascondere i pacchettini e per fare veramente una sorpresa ai bambini. Alla Messa di domani ci saranno 133 battesimi più tre comunioni di tre ragazzini perché prima devono ricevere il battesimo.

25 dicembre

SANTO NATALE

La chiesa è strapiena, non solo internamente, ma anche esternamente.
La Messa ha inizio puntualmente (strano) alle otto. Ho filmato spero che si possano vedere tutte le fasi del battesimo: l’unzione, l’immersione, la veste bianca.
Tra un canto e l’altro telefono a casa per fare gli auguri. Trovo Elena e Laura, gli faccio sentire i canti. Si commuovono. Filippo e Andrea vogliono sapere se erano buone le cavallette.
Sono le 12,30. Joseph mi presenta ai parrocchiani,dice chi sono, ma soprattutto spiega a tutti che non sono una suora, ma madre di tre figli e sei nipoti. Mi credono suora solo perché dormo dove prima abitavano le Suore.
Ci prepariamo alla distribuzione delle caramelle. Il parroco invita tutti ad uscire eccetto i bambini. Nessuno ubbidisce perché vogliono assistere e vedere cosa sta per succedere. Joseph tira fuori tutta l’autorità che può avere un Parroco. Pian piano escono di chiesa. Si chiudono tutte le porte, per evitare i doppi giri nella distribuzione. Rimangono solo i bambini. Siamo preoccupati perché i bimbi sono troppi. Joseph invita a uscire quelli più grandi Io ho un grande dispiacere, avrei voluto avere al doppio delle caramelle per accontentare tutti. Raggruppa tutti i bambini in un ala della chiesa fa un po’ di catechismo, li fa cantare e poi li fa passare da me per ricevere le caramelle. Si svolge tutto in modo molto ordinato. Ma che belli!!! Che occhi stupendi! Le bambine si inginocchiano fino a terra per ringraziare. Con la mano appiccico un bacio sulla loro fronte. I maschi si sentono già uomini e non mi permetto di mandargli un bacio. Si vergognerebbero troppo.
Avanzo circa trenta pacchettini di caramelle che porterò nel pomeriggio ai bimbi ricoverati al dispensario per augurare anche a loro Buon Natale.
Sono le 13,45 e Joseph va a portare la comunione agli ammalati, poi lo chiamano per l’estrema unzione. Torna alle 15,40. Fa colazione con qualche ora di ritardo, non l’aveva ancora fatta. Il pranzo viene rimandato alla sera.
Ci troviamo alle 19,30 (Finalmente per festeggiare il Natale e tirare il fiato) Arrivano gli ospiti, siamo in undici. Sono con noi P. Davide Ochole, Padre Gabriel parroco di Abim, e Richard diacono dei frati cappuccini in Tanzania, un giovane simpaticissimo. E’ il primo diacono di Abim dal ‘96.
C’è un’atmosfera di festa. Sulla tavola (self service) ci sono delle specialità italiane; il salame brianzolo va a ruba. Inizia la musica, gli ugandesi non sono capaci di star fermi, hanno la musica nel sangue. Eseguono un balletto improvvisato: Daniel, Joseph, Angelorum e Bibiana, io muoio dal ridere!!.
Tagliamo la torta, scopriamo che è venuta metà bianca e metà marrone. Ci ricorda AMIKO e il legame tra Milano e Kotido e facciamo un applauso. Un po’ di vino per un brindisi e per finire genepy. Marco preparane in grande quantità perché piace a tutti anche alle suore. Troveremo il modo di portarlo.
Distribuzione di piccoli regalini, ringraziamenti e discorso di Padre Joseph. E’ quasi mezzanotte Joseph deve accompagnare David, Gabriel e Richard ad Abim.
Buona notte.

26 dicembre

VISITA AL DISPENSARIO

Ogni persona ha la sua storia e il suo dramma. Una ragazza è arrivata al dispensario in fin di vita perché aveva perso molto sangue, su cinque gravidanze a fatto 4 aborti spontanei, è nato un solo bambino.
Un’altra ragazza molto ammalata con due figli, che non sa come mantenere, il marito vive con un’altra moglie. Penso che in Uganda è sempre molto difficile rispettare il 9° comandamento.
Il giorno di Natale è nato un bimbo e l’hanno chiamato Emanuele. Prima di sera ne nascerà un altro. Una mamma ha già le doglie.
Accontento i bimbi con qualche caramella e le trottoline di legno della Città del Sole, agli adulti dono un quadretto con Gesù bambino e auguro loro la Pace. La mia camera è abbastanza vicino al dispensario. Li sento di notte piangere, poveri piccoli, perché tribolati da qualche disturbo.
I lebbrosi che c’erano nel 96 non ci sono più grazie a Raul Follerou che ha combattuto la lebbra. Ci sono cinque o sei malati di TBC, isolati in una baracca. Come attività fanno le scarpe per rendersi utili e far passare il tempo. Il mio cuore anche oggi è colmo di dolore.
L’equipe infermieri mi invita a pranzo. Accetto molto volentieri. Vado di corsa a rovistare nei miei bagagli per portare un regalino. Porterò una biro per i maschi e un foulard per le femmine. L’appuntamento è alle 13,30, non si vede nessuno fino alle 15.30. Va a finire che mangiamo all’ora di ieri. In Africa il tempo e il mangiare sono le due cose meno importanti.
Finalmente mi vengono a chiamare. Gli invitati sono circa 40: è tutto il personale del dispensario, diretti da Sr Bibiana, e fanno servizio di giorno e notte per curare gli ammalati. Si trovano oggi per mangiare insieme e festeggiare il Natale: con ciapati, capra, crauti e polenta. Si mangia con le mani; per i crauti è stata un’impresa, comunque faccio il bis e me la cavo. A questo pranzo partecipa gente in ordine ed elegante; sono persone che hanno un piccolo stipendio e che lavorano.
La musica non manca mai e in più fanno vedere una video cassetta divertente. Ad ogni finestra e porta c’è gente curiosa che guarda e si diverte.
Consegno i piccoli regali. Loro mi ringraziano. Sono io che ringrazio per il lavoro che svolgono in quel luogo di sofferenza.
Questa notte nei villaggi ci sono stati grandi festeggiamenti, i tamburi sono andati avanti a suonare tutta la notte. In un villaggio la festa si è trasformata in tragedia: marito e moglie ubriachi si sono accoltellati. Sono stati dirottati all’ospedale di Abim

27 dicembre

Oggi a Morulem c’è un incontro di tutti i sacerdoti diocesani. L’amministratore forse non può essere presente perché ha la malaria. Peccato era una possibilità per esprimere delle opinioni, far parlare e ascoltare i sacerdoti. E’ una delle rarissime occasioni per incontrarsi e confrontarsi. Pregherò per loro perché lo Spirito Santo illumini tutti, se non altro per poter creare un clima di amicizia e collaborazione.
Per far si che il Signore mi ascolti vado in giro a raccogliere frangipani per abbellire la chiesa, ormai quelli di Natale sono appassiti.
Mi faccio invitare a pranzo dalle suore perché con tutti quei sacerdoti (circa 12-14) c’è il rischio che divento “Reverenda “anch’io. Ottimo il pranzo, mi sento proprio a casa mia. Parliamo un po’ dell’Associazione Amiko. Concludiamo con un buon caffè Lavazza con la moka Bialetti. L’ultimo l’ho bevuto il 19/12 alle 5.30 prima di partire.
Marisa al telefono mi da notizie fresche di Velasca, quelle belle ed anche quelle un po’ tristi.
La cara Sandrina è andata in paradiso. Le ho mandato i saluti il giorno prima di partire. Apri le braccia, o Signore, accoglila vicino al suo Paolino.
La riunione dei preti diocesani prosegue ad oltranza. Le suore mi invitano nella loro cappellina per un momento di preghiera, poi rimango a cena da loro, visto che la riunione continua.
Prima di ritirarmi nella mia camera saluto Joseph e mi informa che le cose si svolgono per il meglio e quasi tutti si fermano a dormire per continuare anche l’indomani.

28 dicembre

Oggi è l’anniversario dell’11° anno di sacerdozio di Padre Joseph Ochero. La Messa è celebrata da tanti sacerdoti. Preghiamo per lui, ma soprattutto per i diocesani di Kotido perché possano in amicizia e disponibilità al confronto, aumentare il loro entusiasmo nello svolgere il difficile compito di fare il prete in Karamoja.
L’incontro è finito con soddisfazione di tutti, sia per i risultati che per l’ospitalità data dalla parrocchia di Morulem. E’ un grandissimo segno e dimostra che a Morulem si vive sereni e tranquilli, dopo le sommosse contro il Vescovo. La gente vuole bene a Joseph e lui dimostra le sue capacità nel saper fare il Parroco.

29 dicembre

VISITA ALLA SCUOLA PRIMARIA RAGAZZI

Incontro subito un ragazzo: Othio Emanuel, uno dei primi adottati. Ha terminato la scuola primaria grazie al sostegno di Amiko ed ora è entrato in seminario. Ha problemi per pagare le rette scolastiche. Gli ho promesso che mi interessavo. Non si può fermare un probabile prete solo perché non ha i soldi per studiare.
Incontriamo il responsabile dell’educazione della scuola. Mi ringrazia per quello che facciamo. Io penso che è poco, quasi niente, confronto le necessità.
In questo periodo la scuola è vuota perché i ragazzi sono in vacanza.
Iniziamo la visita. I dormitori sono in uno stato pietoso. Ci sono 400 ragazzi che dormono in due edifici (200+200) tutti ammassati senza letti, né materassi. Ci avviciniamo agli edifici, vediamo almeno otto o dieci topi che scappano. Cedo subito la macchina fotografica a Joseph, perché io non ho il coraggio d’entrare. Ci sono due edifici, uno sano costruito cinque anni fa e un altro costruito dai comboniani nel 1950, consumato dal tempo, con un po’ di ristrutturazione può essere reso agibile. Il resto un disastro, un vero disastro. Mi piacerebbe coinvolgere la Caritas di Milano (Alberto Minoia) perché qui non si può solo rattoppare, ma occorre un lavoro grosso per rendere la scuola un po’ agibile.
Molto raramente, interviene il distretto di zona, ma gli appalti come al solito, li prendono i parente o gli amici e il risultato è che ci sono i muri che si stortano e diventano pericolanti col rischio di crollare addosso a qualche ragazzino. Ho visto delle latrine costruite da poco tempo che sono in uno stato pietoso. Le proteste per i lavori malfatti ci sono state, ma senza alcun risultato.
Per l’Associazione è un impegno troppo grosso a meno che non ci siano delle offerte extra adozioni ed incominciare a sistemare i dormitori. Sicuramente è la cosa più urgente, perché al mattino i ragazzi si svegliano che sono più stanchi di quando sono andati a dormire.

30 dicembre

Tre ragazze della scuola secondaria chiedono al Parroco un aiuto per frequentare la scuola, ma le loro famiglie non hanno possibilità. Di queste richieste ne capitano tutti i giorni. Dopo alcuni giorni le stesse ragazze si presentano con i genitori per supplicare di prenderle in considerazione. Joseph chiede informazione alle suore e le accettano, saranno sponsorizzate da Amiko.
Ho con me una commovente lettera di ringraziamento e gratitudine che pubblicheremo sul giornalino di A.MI.KO.

31 dicembre

VISITA ALLA SCUOLA SECONDARIA

Tutto molto in ordine. Gli edifici sono ben messi. Con l’aiuto di una parrocchia di Trento hanno costruito un bellissimo laboratorio scientifico molto funzionale soprattutto ha dato prestigio alla scuola. Le ragazze che attualmente A.MI.KO aiuta sono 25. La retta di questa scuola è un po’ più elevata della primaria. Abbiamo deciso di lasciare invariata la quota di 190 euro, per non pesare ulteriormente sulle famiglie degli adottati. Questa scuola è in attesa di una nuova direttrice, dello stesso ordine di Sr Mary Angel. Per le ragazze che frequentano questa scuola, data l’età, è necessaria che la Direttrice sia una persona molto capace perché qui come in Italia l’adolescenza è un’età difficile.
Questa sera è l’ultimo giorno dell’anno. Preparo il pandoro tagliato ad alberello, gli spolvero un po’ di zucchero a velo con lo schiaccia patate, (non esiste un colino in cucina), gli metto una rosa rossa di plastica sopra e fa una bellissima figura.
Cenone dell’ultimo: ciapati spalmati con arachidi bolliti e macinati, una mezza fetta di pandoro, un bicchiere di Nile Special (birra) e auguri di Buon Anno.
Guardo il cielo pieno di stelle e sono felice di non assistere agli sprechi dei fuochi d’artificio.

1 gennaio 2008

ROGOM: seconda cappella

E’ arrivata la mattina, dopo una dura notte con il peso dei ciapati e la crema di arachidi. Non faccio colazione. Bevo solo acqua e limone e mi preparo per andare a Rogom. Partiamo con la jeep strapiena; una famiglia con due gemelli viene con noi per il battesimo. I bimbi si chiamano Marco e Flora.
Facciamo una specie di pedemontana intorno alle montagne. Il panorama è splendido. Arriviamo ad una chiesetta discretamente tenuta. Sono le 10 ci aspettano 40 battesimi e 48 prime comunioni e relative confessioni. Per passare il tempo mi diverto con i bambini. Mi guardano stupiti, incuriositi, non si vogliono avvicinare. Con una pagliuzza e tre foglie infilzate attiro la loro attenzione. Inizio un fli flo flai, sono molti titubanti, ma piano piano ripetono anche loro quello che canto io. Formiamo un lunghissimo trenino. Voglio fare le foto. Impossibile perché appena estraggo la macchina fotografica disfano il trenino e si ammassano per mettersi in posa. Intanto Joseph sotto una pianta sta confessando i bambini della prima comunione e i loro genitori. Alle 12,45 inizia la Messa. La chiesa è zeppa. Un catechista mi invita a salire sull’altare, meno male! In men che non si dica sono circondata da bambini, gli stessi che giocavano con me prima della Messa.
Al rito del battesimo non c’è nessun bambino che piange. L’acqua sulla testa, col caldo che fa, è un sollievo. Joseph mi chiede di aiutarlo a distribuire la comunione sotto le due specie: il corpo e il sangue di Cristo. Ho il cuore che mi scoppia a pensare che sto reggendo le ostie ormai diventate corpo di Cristo da dare a 48 bambini che lo ricevono la prima volta. Loro sono emozionati, io ancor di più.
Prima dell’inizio della Messa il catechista riferisce a Joseph che alcuni bambini non hanno il certificato di battesimo perché in qualche incidente sono stati bruciati. Joseph ha chiamato i genitori per farli giurare che il Sacramento l’hanno ricevuto.
La solita presentazione, la solita spiegazione che non sono una Suora (pensare che la mia mamma voleva che mi facessi suora. Si vede che a sessantasei anni mi è venuta la faccia da suora. Non è mai troppo tardi). Solito applauso. Joseph mi fa fare il rito di “orem” che di solito è incaricato l’anziano del villaggio. E vai, ho provato anche questo!
Ci offrono una soda. Ne abbiamo proprio bisogno, moriamo di sete, sono le 15,30.
Arriviamo a casa affamati, ci concediamo un po’ di salame e grana.
Mi sdraio sul letto esausta, mi sveglio alle 19,30 senza sapere se è mattina o sera. <brA cena Joseph mi racconta: ”oggi mentre confessavo sotto l’albero a Rogon, ho visto strisciare un serpente di color marrone-creme. La ragazzina che si stava confessando non lo vedeva. Io lo tenevo d’occhio era diritto a prendere il sole, ho preso un sassetto, glielo tirato per farlo andare via, lui si è messo a ruotare su se stesso a mo’ di spirale. Ad un certo punto il catechista si è accorto e l’ha mandato via”.

2 gennaio

A ovest del Kenya, al confine con l’est dell’Uganda, sembra che si spari: guerra civile per brogli elettorali, la benzina è andata subito alle stelle. Da 2.300 scellini (= 1 euro) al litro, a 7.000. Il Kenya è il maggior fornitore di petrolio dell’Uganda.
Questa mattina mi dedico all’elenco delle adozioni.
Si sentono gli elicotteri che girano intorno a Morulem: Padre Daniel si va a informare. Vogliono spaventare i Karamojon che sono in giro a fare razzia di animali. Le suore mi rassicurano che sono solo di passaggio. Altrimenti povera Sister Alice con tutto il suo pollame e anche povero Joseph con tutte le sue capre. Dopo un po’ scopriamo che Daniel non ha capito niente. Hanno riportato i corpi di tre soldati, uccisi tempo fa dai Karamojon , nei loro rispettivi villaggi.

3 gennaio

Oggi grande incontro con Arrico, responsabile del laboratorio, per far lavorare i ragazzi a preparare i bigliettini con le foglie di banane. Ci accordiamo per l’ordine. Poveretti non vedono l’ora di guadagnare qualcosa. Ci sono dei bigliettini che non avevo mai visto. Ordino, ordino, ordino perché loro aspettano solo di lavorare. Speriamo che qualcuno in Italia compri.
Oggi sono impegnata a cucinare coniglio (rabbit) ai funghi porcini italiani e patate al forno. Solito riso bollito, soliti fagioli: mangiare da Re anzi da Regina. Joseph non c’è a pranzo, deve andare ad un anniversario funebre in un villaggio. Dopo un anno dalla morte finisce il lutto, si ricorda con le preghiere il proprio caro, si lavano le lacrime e si torna a vivere ed affrontare la vita.
Spunta Padre Davide Ochole, sono contenta, ci scappa sicuramente qualche risata.
Si ferma con noi a cena, ma non c’è molto. Sono avanzate tre carcasse di coniglio e un po’ di pucia di funghi. Si accontenta. Speriamo che Joseph torni “già mangiato”. Spunta Joseph, rimedia con un po’ di grana. Lo mangia adagio per gustarlo di più.
Passiamo una bella serata in allegria, ore 22,30 a nanna
Notizia fresca fresca da Davide Ochole: ”Se mangi un pezzo di babbuino ti passa mal di schiena, c’è rischio che ti prendi l’ebola, ma ti passa il mal di schiena”. Hai capito Marco!
La benzina sale sempre di più, siamo arrivati a 6 euro al litro. I disordini in Kenya non si placano.

5 gennaio

Oggi è arrivata in missione Hellen, la ragazza adottata da Agostino Arrigoni col boda boda (bicicletta) di suo fratello. Gli regalo un cagnolino fatto di perline e al fratello una trottolina. Sono felici più che mai. Ci scambiamo qualche parola in inglese. Ridiamo a tal punto da far uscire il Parroco a sgridarci perché stava lavorando e l’abbiamo disturbato. Che indisciplinati!
Quasi al tramonto andiamo a salutare la famiglia di Padre Clement, anche lui è stato nostro ospite a Velasca nel 2000. Troviamo il papà seduto su una sedia che accudisce i molti bambini della famiglia .E’ una bellissima figura. Un vero patriarca. Mi saluta, mi benedice e mi augura di diventare “grande”, inteso come vecchia e tornare ancora da loro.
Intanto si fa buio. Della mia figura si vede solo la faccia, le braccia e i piedi bianchi; al contrario per loro si vedono solo i vestiti chiari che camminano e si muovono, non si vede nient’altro.

6 gennaio

OPOPONGO: terza cappella

Partenza prevista alle 8; partenza effettiva alle 9,15. La macchina non si avvia, ha la batteria a terra. Mettiamo i cavi partecipo anch’io, mi improvviso meccanica: si parte.
Per la strada molti salutano Joseph e anche me, i bimbi salutano e gridano muni, muni , musungo (bianco). E’ un piacere sentirli, segno che vogliono bene a Joseph ed è ben accettato.
Il panorama è bellissimo, piante di mango, piante di tamarindo, palme giganti. Non sembra di essere in Karamoja; la zona di Kotido invece è tutta secca e brulla.
Lungo la strada diamo un passaggio ad un soldato appena uscito dall’ospedale che va verso la sua caserma (di capanne), a due ragazzine che sulla testa hanno un sacco di mais e vanno a macinarlo al mulino, e ad un ragazzo. Col sole a picco non riesci a lasciarli a piedi.
Facciamo 47 km praticamente un cerchio ai piedi delle montagne alte. Quando arriviamo mancano 6-7 kilometri per chiudere il cerchio ed essere ancora a Morulem. Peccato che quei sette km si possono fare solo a piedi perché la strada non c’è.
Non abbiamo avvertito che arrivavamo, perché detto dal Parroco è bene ogni tanto fare una sorpresa. Il catechista è presente in attesa di radunare la gente. Facciamo un giro nel villaggio, formato da gruppi di tre o quattro capanne più i granai, il tutto recintati e divisi per famiglie. Gli altri villaggi che ho visitato erano senza recinzioni e aperti a tutti. Nel frattempo vado verso la pompa dell’acqua per incontrare un po’ di gente, mi segue il solito nuvolo di bambini. Mi sbizzarrisco a fare un po’ di foto. Passa almeno un’ora e mezza/due.
Intanto Joseph parla con la gente e confessa. <brMi presenta, racconta chi sono, si chiedono se anche in Europa nascono i gemelli, mi fanno gli applausi, gli dico che sono contenta di essere tra loro nelle giornate importanti di queste vacanze. Natale, capodanno, Epifania anche se un po’ mi mancano i miei famigliari. Loro sanno comunque esprimere ospitalità ed accoglienza per farmi passare questa nostalgia. Usciti dall’aula mi invento il trenino, poi un bellissimo girotondo, due mamme intonano le loro filastrocche. Mi accorgo che il trenino non sanno molto che cos’è, lo chiamano serpente. Ci stanno e si divertono molto.
Ci avviamo verso una capanna dove siamo invitati da una famiglia, dove Joseph novello sacerdote nel 97 è stato ospite 15 giorni. In quel periodo è arrivato a distribuire 250 prime comunioni in una volta sola, più o meno altrettanti battesimi, si è fatto amare dalla gente di questo villaggio molto povera, ma sempre molto ospitale.
La Signora parla con Joseph, mi accorgo che si commuove, gli scendono due lacrime dagli occhi, sta ricordando un suo figlioletto di appena 7 anni che mentre giocava con altri bambini in un campo di girasole è stato morsicato da un serpente velenosissimo e non hanno potuto salvarlo.
Incominciamo a mangiare dopo aver lavato le mani ci servono polenta di miglio, pollo con crema d’arachide, divisa in porzioni, a me toccano tre pezzi per fare la modesta ne prendo uno. Mi invitano a prenderne un altro. Joseph mi suggerisce che il terzo pezzo non posso lasciarlo perché è il perdè (stomaco o cipolla del pollo), è considerato un pezzo speciale riservato all’ospite, per dimostrare che il pollo è stato ammazzato o ucciso per quell’occasione. Tutto avviene nel massimo rispetto della tradizione locale. Non può mancare la tanica di birra locale. La padrona di casa la versa in una caraffa, per prima la beve (altro segno di rispetto per l’ospite) me la passa, ne bevo un bel sorso. Assomiglia più alla grolla che alla birra, non è buonissima, ma questo è un atto che non posso rifiutare come segno di amicizia. Intanto il resto della famiglia rimasto fuori dalla capanna per rispetto, si accorge che abbiamo finito di mangiare ed ad uno ad uno entrano per bere in compagnia, non solo gli uomini, ma anche le donne.
Mentre sorseggiamo la birra, le donne mi raccomandano, quando torno in Italia, di salutare Laura, Apio-Ochen (gemelli) e gli altri, ma non devo dimenticarmi di loro. Che teneri!!! Le lacrime stanno arrivando, ma cerco di cacciarle via.
Andiamo verso la macchina e vediamo 12-14 persone che aspettano. Scopriamo che hanno bisogno di un passaggio. Aiuto dove li mettiamo! Arriva anche in regalo una gallina, la tengo in braccio per un po’, poi la passo dietro. Joseph riceve nel frattempo una telefona che ci aspettano ad Oreta, circa a metà strada tra Opopongo e Morulem, per uno spuntino. Accettiamo l’invito. Incontro una Signora che avevo già conosciuto al dispensario a Natale, era una di quelle a cui ho distribuito il Gesù Bambino. Altro che spuntino: secondo pranzo della giornata. Fagioli, polenta con gazzella essiccata (tipo bresaola di cervo) nella solita salsa di arachidi. Buonissima. Questa sera mangeremo il panino al miele per me e il panino al salame per Joseph che abbiamo avanzato nello zaino (l’abbiamo portato perché pensavamo di “morire di fame”). Domani si va ad Awach, il villaggio di Joseph. Non vedo l’ora.

7 gennaio

Il villaggio di AWACH

Appuntamento dopo la messa delle 7. Il parroco ha la fila fuori dalla missione e si parte alle 11.
Ci fermiamo all’ ospedale di Abim perché Ester, sorella di Joseph, è ricoverata in attesa del lieto evento, manca ancora un mese, ma qui consigliano di avvicinarsi all’ospedale per non rischiare nulla. La troviamo bene, bella serena. Le porto un regalo, vorrei compragli qualcosa per farla stare meglio, ma non ci sono negozi. Non ha con se la borsa con il corredino per il suo bimbo. Appena nascerà lo avvolgeranno in un pezzo di stoffa. Le auguro che vada tutto bene, l’abbraccio forte forte e le raccomando di avere cura di lui o lei, non si sa.
Arriviamo ad Awach alle 14. Sono tutti indaffarati a preparare il pranzo. Incominciano i saluti e gli abbracci. Prima i nipotini di Joseph, incontrati vicino alla chiesetta dove abita Santa, poi mamma Veronica, Marcellina, (sorella) gli zii già all’opera a festeggiare il mio arrivo con le caraffe di birra locale. Un sacco di parole di benvenuta nella loro famiglia. Arriva Florence (la sorella prediletta) tutta infarinata perché ha macinato la farina per fare la polenta, la chiamo, ma lei non risponde perché si vergogna. Va a cambiarsi e poi ritorna ben vestita ad abbracciarmi.
Mi presentano la moglie di Francis (fratello) e i suoi bimbi. L’ultimo è nato che il papà era già morto. Mi invento di appiccicare bacini con la mano sulla loro fronte. Qui non usano i bacini perché i genitori non hanno tempo di coccolarli, inoltre anche i più piccoli diventano grandi subito perché arrivano i fratellini da curare. Dopo i primi segni di timidezza e di vergogna si mettono in fila per ricevere il bacino. Prendo in braccio i più piccoli per fare “pian pian, trot trot, de galop de galop”. Si divertono, ma non sanno molto cos’è il cavallo. Gabriel e Francis piccolo, ormai sono cresciti hanno circa diciotto anni, collaborano e aiutano a preparare la festa.
Alle 16 arriva uno spuntino di carne abbrustolita e fegato di capra, squisita!. Aiuta a riempire lo stomaco e a sopportare la birra locale che è andata un po’ alla testa.
Non ho ancora parlato di Charly (kony). E’ splendido, mi viene incontro con timidezza, ma mi fa capire che si ricorda di me, ma ancor di più di Laura che lui chiama Lalla. Quando abitavamo a Kotido lo legava sulla schiena con un pareo, alla moda africana. Per i bambini questo è un modo di stare più vicino possibile alla mamma.
Benjamin è il più bravo della scuola primaria di Kotido. Il famoso terreno dietro la Diocesi comprato da Joseph per conto del Vescovo che non riusciva nella trattativa. Joseph gli ha offerto ai proprietari del terreno di far frequentare gratuitamente per dieci anni la scuola ai bambini del villaggio. Hanno accettato subito il prezzo che gli avevano proposto.
Benjamin è un bambino molto ubbidiente quando c’è da fare una commissione basta chiamarlo ed è subito disponibile. Va a prendere le fotografie fatte nel 2004 e ricordiamo i bei momenti passati assieme a Kotido.
Incontro le ragazze del villaggio adottate nella scuola secondaria: Lilly Grace, Brenda, Agnes. Tutte hanno parole di gratitudine per quello che facciamo. Papà di Agnes arriva con una gallina in dono e mi dice che se non ci fosse stato Amiko non avrebbe proprio potuto fare studiare sua figlia. E’ proprio vero che chi è povero e non ha niente,si priva anche del poco che ha. Dico alle ragazze che il miglior ringraziamento è quello di impegnarsi e riuscire con successo nei loro studi. Gli regalo una biro. Felici e sorridenti mi abbracciano all’italiana. A noi costa così poco l’aiuto che gli diamo. Per loro invece evitano di stare a casa a curare i fratellini ed aspettare che qualcuno le chieda in sposa per poi essere sottomesse al marito, senza la minima indipendenza e possibilità di una vita dignitosa; nella peggiore delle ipotesi ci si trova a condividere con un’altra donna, l’uomo che hanno sposato.
Distribuzione dei palloncini Erg. La fila non finisce mai aumenta sempre di più e i palloncini finiscono. Intonano filastrocche facendo un cerchio con i palloncini in mano. Distribuiamo le caramelle. Ci sono i soliti imbrogli per venire a fare un altro giro, ma la Dade ormai si è fatta furba e li frego.
Andiamo alla tomba di famiglia, dietro la capanna che era dei genitori, dove riposa Francis (fratello di Joseph) e papà Michele con due o tre piccoli nipotini che non sono riusciti a sopravvivere (fanno parte della percentuale di natalità che non riesce a sopravvivere in Uganda). Preghiamo. Povero Francis, lo ricordo all’ordinazione di Joseph tenero, buono, spensierato nel vivere il suo momento di gioventù. Forse proprio la sua bontà l’ha portato alla morte. Ai suoi figli manca molto. Quando tornava a casa portava a tutti una piccola cosa o un pensiero.
Iniziamo a mangiare e intanto si fa buio. Una splendida stellata illumina il villaggio. Per me non basta perché ho tanta difficoltà a vedere al buio, soprattutto i neri.
I bimbi giocano e cantano sull’aia. Non si vedono, ma si sentono le voci felici. Sono le loro vacanze estive e le trascorrono con molta gioia da nonna Veronica. Organizzano una piccola rappresentazione. La promotrice è Fernanda; si vede già che ha la stoffa dell’insegnante. Frequenta la scuola primaria di Morulem. E’ già andata due volte a rappresentare la scuola a Kampala.
Presenta la sua famiglia allargata, cominciando dai bambini e ricordando di chi sono figli. C’è un momento di commozione quando presenta i bimbi di Francis.
Intonano canti delle rispettive scuole. Ringraziano Uncle Pare (zio Padre Joseph) perché li aiuta e si preoccupa di farli studiare. I ragazzi più timidi e meno organizzati si salvano cantando nel finale l’inno nazionale, molto sentito e convincente che ci fa alzare in piedi per rispetto.
Liquidano i bambini e danno il via ai ringraziamenti: dallo zio più anziano, alla mamma Veronica, P. Gabriel che è parroco di Awach e P. Davide. Io mi complimento con loro per la bella famiglia che si ritrovano, nel modo in cui si aiutano e collaborano, si sostengono e riescono a superare i momenti tristi dei lutti; quello che abbiamo visto nella rappresentazione dei bambini mostra come sono stati educati al rispetto e alla gratitudine.
Arriva il momento dei saluti. Tutti i bambini mi circondano, non riesco a riconoscerli perché è buio. Faccio un fascio e li abbraccio tutti. Chiedo i loro nomi: Brian, Collins, Benjamin, Patrik, sua sorella, Sharon, Vincent. Kony è già a dormire con i più piccoli. Fernanda mi dice di portare i suoi saluti a Giulia Casiraghi che è la sua corrispondente in Italia. Mamma Veronica vorrebbe venire in Italia a vedere dove abito. Le rispondo che non c’è niente di bello da vedere in Italia, in particolare il modo in cui si vive quotidianamente, ma se proprio lo desidera e se ha “coraggio” possiamo organizzare. Un abbraccio commosso anche a lei, lasciamo il villaggio alle 22,30.

8 gennaio

GIORNATA ELETTORALE

E’ meglio non andare in giro, si rischia d’incontrare qualche testa calda. <brInfatti alla fine di tutto ha vinto la vedova di Abim con 5500, secondo Apata con 5249, terzo il giovane di Morulem con 3450 senza soldi, né imbrogli.
Si dice che per vincere, la vedova, abbia ottenuto voti da una caserma, in cui un soldato faceva una croce sulla scheda elettorale l’altro metteva nell’urna, così hanno ottenuto mille voti in più. Voce di popolo…
Sono le 20 ci chiediamo: ” ma stasera non si mangia?” Andiamo in cucina non c’è nessuno. Le cuoche sono sparite. Io sono un po’ in difficoltà a cucinare sulla stufa a legna. John mi accende il fuoco e ravviva la fiamma., Joseph mi aiuta a disossare la carne per farla cuocere più in fretta. Non sono come i nostri polli che in 30/45 minuti sono cotti. Mi metto a preparare un risotto con pomodoro. Mentre cuoce la gallina prendo il brodo per fare il risotto. Di secondo un po’ di spezzatino con le patate. Sul più bello va via la luce.
Abbiamo ospiti in missione: la commissione elettorale e i pannelli non reggono i punti luce di tutte le camere. Alle 21,30 mangiamo, non avanza niente, quindi hanno gradito la cena!!

9 gennaio

Il Parroco dà una girata potente alle cuoche, perché non hanno preparato da mangiare e per il casino in cucina; piatti da lavare, una gallina viva chiusa in un armadietto, le pattine che non si trovano. Questa mattina tutti rigano dritto, si fanno giù le ragnatele, si scopa, si pulisce, si riordina con precisione.
A pranzo ci sono P. Clemente e P. Michael perché in missione c’è un convegno dei carismatici. Tutte le strade portano a Dio, ma sono un po’ esagerati: invocano lo Spirito Santo in un modo un po’ insolito. Piangono urlano, si disperano per i peccati commessi, si sdraiano per terra sotto l’altare e asciugano le lacrime sul pavimento. Sicuramente persone di carattere fragile si fanno coinvolgere facilmente in questo modo di pregare esagerato.

10 gennaio

GULU: Centro Santa Monica

La strada è lunga per arrivare a Gulu: dobbiamo ritornare a Lira e proseguire poi per Gulu. Sono felice di visitare questa zona per la prima volta. Gli anni passati non si poteva viaggiare da queste parti, nemmeno con la scorta, perché i ribelli erano in agguato. Ora è tutto tranquillo, si incontra gente a piedi che va verso i vari mercati, gente in bicicletta (quante biciclette intorno a Lira!). Certamente è segno che c’è un po’ più di benessere. Si vedono i fasci di paglia lungo la strada, pronti per costruire le capanne. La popolazione che aveva lasciato la zona per la poca sicurezza sta ritornando. Speriamo che duri. Passiamo in un paese poco distante da Awach per dare un passaggio a Gabriel fino a Gulu perché nei prossimi giorni riprende a frequentare la scuola tecnica di falegname.
Arrivati, andiamo subito al Santa Monica dove alloggeremo nei prossimi due giorni. Il Santa Monica è un centro nato per il trattamento e la riabilitazione delle vittime torturate dai famosi ribelli dell’LRA. Ci sono diverse scuole di computer, cucito, Pachwork ecc., oltre che essere un punto di ritrovo per convegni. Questo centro è sostenuto dal gruppo missionario di Magenta, il quale sta costruendo un edificio per ospitare le ragazze-madri violentate dai ribelli.
Le suore ci invitano a cena. Sister Rosmery non c’è ancora. Sta tornando da un convegno. Intanto ci sistemiamo nelle nostre camere, accompagnati da Nancy, una ragazza che conosce l’italiano perché periodicamente si reca a Roma per la ricostruzione del mento. Ha ricevuto una pallottola dai ribelli, oltre ad essere stata violentata. Ora ha un bambino, frutto della violenza subita dai soldati.
Nel pomeriggio salutiamo diverse suore che Joseph conosce a Gulu. Alcune le conosco anch’io: Sr Fernanda, Sr Hellen, Sr Mary Angelorum che questo periodo è nella casa Madre del suo ordine.
La stanchezza del viaggio si fa sentire. Vorremmo riposare un po’, ma peccato che allo stadio vicino ci sono i Pentecostali protestanti che suonano a tutto volume, urlano, invocano Dio e fanno un baccano incredibile, quindi rinuncio a riposare. Joseph non c’è. E’ andato a sentire i Pentecostali. Incitano la gente, ad alzare le braccia e invocare Dio. “Cattolici non cattolici se andate a casa questa sera e litigate con vostra moglie…ecc ecc.”Joseph, per fortuna, non ha moglie. Decide di ritornare al St Monica.
Faccio un giro in istituto. Incontro tre scozzesi, (finalmente dei bianchi) e due giapponesi (non sono proprio bianchi, ma mi accontento!).
Mentre scambio qualche parola in inglese con Sister Cristine e lei con un po’ di sforzo mi risponde in italiano, arriva la mitica Rosmary, direttrice dell’istituto e compagna d’università di Joseph a Kampala. Ha appena ricevuto un premio importantissimo assegnato dalla CNN a NewYork. Su 7000 candidati ne hanno scelti 18, lei ha ricevuto uno dei tre premi speciali. Le è stato riconosciuto l’impegno umanitario a favore delle vittime dei ribelli. Questi ultimi, i ribelli, hanno perseguitato per vent’anni la popolazione dell’Uganda e le loro azioni sono una vergogna per l’intera umanità.
Arrivano tutte le sue ragazze a salutarla, mancava da qualche giorno per un convegno a Nebbi. Mi viene incontro come se già ci conoscessimo da lungo tempo. Sister Rosmary è una furia d’allegria.
Ceniamo con le suore. Sister Jane ci dice che non hanno preparato nulla di speciale, ma ci danno il benvenuto tra loro e sono felici di condividere la cena con noi. Sul finire, nonostante una giornata piena di impegni accendono la radio. Tutti ballano. Solo io, povera musungo, sono imbarazzata.
Joseph mi racconta che quando ha conosciuto Rosemary all’università di Kampala era un giovane e timido sacerdote che diceva sempre di sì. Rosmary l’ha svezzato bene e gli ha insegnato ad essere un po’ “testa dura”. Per affrontare la vita, un pochino, ci vuole.
Andiamo al cimitero di Gulu per una preghiera sulla tomba di Sr Carla. Una piccola Suora comboniana di Cassano, ma grande di bontà d’animo. Ha speso quasi tutta la sua vita a Morulem, è stata direttrice della scuola primaria, poi si è occupata del lebbrosario quando gli ammalati erano molti. Infine ha avviato il laboratorio per i bigliettini con le foglie di banano per i giovani e il ricamo per le ragazze. Ha lasciato una traccia indelebile del suo passaggio.

11 gennaio

GULU: Centro Comboniano “La Samaritana”

Incontriamo Sr Fernanda direttrice di questo centro.
Ci spiega che ci sono, nella zona di Gulu, 14.000 ammalati di AIDS sieropositivi segnalati. Curati in ospedale a livello grave 7000. Questo centro si occupa delle persone che hanno bisogno di cure, ma possono lavorare. Hanno fondato una cooperativa e tutti collaborano a confezionare borse, cestini, bigiotteria con le palline dell’eucalipto, lavorazione di metri e metri di ricamo a punto croce, fino a fare dei rotoloni con greche di ogni tipo, girasoli, fiorellini vari per tovaglie, lenzuola e salviette. Tutto su ordinazione per l’Italia; che pazienza, se penso che io per scrivere il nome su un bavaglino di Marta ci ho messo una sera o anche due. Tutto questo serve per guadagnare qualcosa e sentirsi utili. C’è una stanza dove ci sono dei telai per confezionare tappeti e pannelli e ancora i conosciutissimi bigliettini con le foglie di banano. Visitiamo gli uffici. Hanno una bellissima cappella di gusto tipicamente italiano: al centro un Crocefisso di legno scolpito da un comboniano ugandese.
Incontriamo tre ragazzi italiani che stanno andando verso il Sudan o Darfur come volontari; sono in attesa del visto dagli uffici d’immigrazione di Kampala. Chiaramente hanno dichiarato che vanno come “turisti”. Bravi ragazzi, buona fortuna!
Ci avanza ancora tempo prima del pranzo e ci rechiamo al seminario minore di Gulu, dove Padre Cipriano è stato per 15 anni direttore. Ci racconta di quando più di cento ribelli hanno assalito il seminario. A proteggere la struttura c’erano quattro guardie. Chiaramente sono scappate: quattro contro cento, non potevano fare altrimenti. Si sono diretti verso l’aula dei seminaristi più giovani, perché il loro obiettivo era rapire i piccoli per addestrarli a diventare soldati e mandarli ad uccidere la gente del loro villaggio. Ne hanno presi 43, li hanno malmenati picchiati e portati via. Una trentina di essi è riuscita a scappare e ritornare a Gulu. Gli altri sono stati uccisi o dirottati in Congo. <brDopo più di vent’anni di questa situazione: guerriglie, uccisioni, violenze la popolazione è esasperata, non ha più futuro perché sono state colpite proprio le giovani generazioni. Ora le istituzione religiose, particolarmente quelle cattoliche, hanno un grosso impegno nella riabilitazione e trattamento psicologico di questa disperazione. Il premio dato a Sister Rosmary è servito a smuovere le coscienze di tutto il mondo e a far conoscere questo dramma.
Ora Gulu sta vivendo un momento importante. Stanno nascendo nuove scuole dappertutto. La gente lentamente sta lasciando i campi profughi, ritorna pian piano alla normalità, ma soprattutto va in giro per le strade ormai sicure. Mi spiace quasi a dirlo, però ora Gulu sta meglio di Morulem perché riceve aiuti da tutto il mondo.

12 gennaio

Incominciano i preparativi per l’entrata ufficiale di Joseph nella parrocchia di Morulem.
Anche nel ’97, appena ordinato sacerdote, l’avevano destinato a Morulem come aiuto e combinazione la sua entrata coincideva con la domenica in cui si festeggia il battesimo di Gesù.
Chiamo un po’ di giovani per addobbare la Giancarlo Hall. Che bello! Guardo la foto, sento la presenza di Gianca che con il suo sorriso veglia sulle persone che passano da questo salone e questa volta ci sono anch’io. Le ragazze sono impegnate a fare un po’ di pulizia; lavano per terra senza spazzolone, piegate con lo straccio del pavimento in mano e col sedere per aria come solo loro sanno fare. I ragazzi lavano panche e tavoli, tutto per la festa di domani e fra un po’ di giorni anche per l’inizio dell’anno scolastico.
Mettiamo i festoni e tento di salire su una panchina per appenderli, ma è meglio che lascio fare ai ragazzi perché non ho più l’età. In un attimo si trasforma in un salone addobbato veramente a festa. Passo tutta la mattina con i giovani. Ci divertiamo. Il più sveglio lo individuo subito: si chiama Jimmy (Sr Bibiana mi dice dopo che è il leader, è quello su cui si può contare e trascina gli altri). Le ragazze, s’inventano col mio aiuto, di dividere i nastri e con una forbice fare dei riccioli, non ho capito a cosa servano, vedremo domani.

13 gennaio

La S. Messa inizia alle 8,15 con l’entrata in processione L’omelia è affidata a Padre Clemente. Come rappresentante dell’Amministratore c’è presente Padre Piero Ciaponi.
Joseph mi invita a intervenire per salutare i fedeli, visto che la mia partenza ormai è imminente. Per fortuna mi sono preparata; con molta emozione ce l’ha faccio ad arrivare in fondo al discorso.
Si sentono i tamburi e i canti; in mezzo a due ali di folla passiamo e ci dirigiamo alla Giancarlo hall per la celebrazione di benvenuto al Parroco.
La scaletta del programma si svolge tra canti, balli, intramezzati da discorsi di benvenuto. Ciaponi dice: ” non bisogna preparare una festa per sentirsi in famiglia, si è già in famiglia di fatto. L’importante è vivere giorno per giorno in questa famiglia intorno al Parroco”. Padre Michael ricorda quando lui è diventato Parroco: è stato nominato in un villaggio sperduto dove la gente era poverissima; a lui veniva voglia di scappare. Ora se lui deve assentarsi per qualche riunione i suoi fedeli si lamentano e non lo lasciano andare.
Un politico del distretto di Abim fa rilevare che la parrocchia ora è nostra, c’è un Parroco dei nostri, se ci sono dei lavori da fare dobbiamo partecipare, cercare di sostenerla. Non basta metterci in fila per chiedere, ma anche il Parroco ha bisogno di noi e dobbiamo essere capaci di fare anche al contrario.
Chiedono a me di dire due parole: “Quando Padre Joseph è stato nominato Parroco di Morulem, in Italia eravamo preoccupati per la situazione di ribellione. In questi giorni ho potuto costatare andando in giro per i villaggi che è molto benvoluto ed accettato. Mi auguro che continuerete a volergli bene in modo di favorire sempre di più il suo compito di Parroco.”
Verso sera la missione si riempie di amici che sono venuti a salutare Joseph e me perché domani si parte.
Mi ricordo che devo fare il cartellone da lasciare alla Giancarlo Hall per dare il benvenuto alle ragazze che incominciano la scuola al 4 febbraio. Volo nei miei “appartamenti” per finirlo.

14 gennaio

DA MORULEM VERSO KAMPALA

Questa mattina al più presto dobbiamo lasciare Morulem e partire per Kampala. Il Parroco come al solito è super impegnato. Io faccio colazione. Lina e Daniel, mi rincorrono per farmi mettere nei bagagli le ultime golosità: noccioline d’arachidi tostate, crema d’arachidi, farina di miglio.
Trovo sul tavolo dell’ananas a fette e non posso rinunciare, anche perché fino a Kampala, non ci fermeremo a mangiare e arriveremo solo verso sera. Partiamo alle 10,45. La jeep si riempie di gente per i soliti passaggi. Con noi c’è un bimbo simpaticissimo. Dopo i primi momenti di timidezza lo conquisto con un ciupa ciupa, un palloncino, un giochino, sono gli ultimi rimasugli rimasti in fondo allo zaino. Faccio dei giochini con le mani, ogni volta che mi giro a guardarlo mi sorride. Per ricordarmi che c’è anche lui ogni tanto mi tocca la spalla perché vuole giocare. Quando non si sente mi giro e lo trovo appoggiato sulle ginocchia della sua mamma che dorme.
Vediamo campi immensi di tè, papiri e canne da zucchero. Arriviamo a Jinja alle 17. Sosta al distributore per sostituire la batteria e fare il pieno di diesel: prezzo di favore 2350 scellini più una soda per tutti. la sosta di circa un’ora, serve per sgranchire le gambe completamente anchilosate. Troviamo pioggia; in questo caso è provvidenziale perché almeno non soffriamo per il caldo del sole e attutisce il sollevamento della terra rossa. Arriviamo alla Moroto house alle 20,30 comunque impolverati. L’accoglienza è sempre speciale, le suore ci salutano con grande festa. Troviamo il Vescovo Enrico di Moroto e il diacono Peter. Il nostro stomaco è diventato una pallina da ping pong, per tutto il giorno abbiamo bevuto acqua soltanto. La cena delle suore è provvidenziale: pesce del lago Vittoria, matoche, riso, bananine, succo di frutti della passione. Mi assegnano la camera: è quella che di solito riservano al Vescovo Denis. Che lusso!!!
Di notte c’è un temporale con diluvio, fulmini, saette. Joseph si sveglia in trans e crede di essere a Morulem: guardando fuori dalla finestra crede che la chiesa di Morulem stia bruciando. Per fortuna siamo a Kampala e non brucia niente.
Al mattino con comodo facciamo colazione e scambiamo un po’ di chiacchiere con gli ospiti.
La mattinata passa per sbrigare un po’ di commissioni. Ormai è l’una ci fermiamo al Bambù-net per un boccone Ci raggiunge Sr. Mary Angel che si trova a Kampala anche lei. Mangiamo costine di maiale buonissime con verdura, avocado, manioca, una salsina con paprika un po’ pepata, ma buonissima. Arriva un temporale, aspettiamo che smetta poi ci avviamo a fare spese. Entriamo nel caos più completo di Kampala. Joseph ci lascia a piedi e va a cercare un parcheggio. Noi andiamo ad acquistare una tela di plastica per i tavoli della missione e per le Suore. Il traffico e la flemma africana ci esaurisce. Preghiamo un ragazzo d’aiutarci a portare il rotolone. Lo carica sulle spalle e ci segue. Cerchiamo di capire dove ha parcheggiato Joseph: non l’ho troviamo più. Il ragazzo continua a seguirci con il rotolone caricato sulle spalle. Ci siamo persi! Sister Mary Angel ne sa meno di me. Non sono preoccupata perché basta prendere un boda boda e farci portare alla Moroto House. C’è uno scambio di telefonate tra Joseph ed Angelorum, ma niente da fare. Invito il ragazzo che è pratico della zona di mettersi in contatto telefonico con Joseph. Finalmente ci incontriamo. Joseph ride (per non piangere).
Cerchiamo d’uscire da quel caos. Senz’altro domani lasciamo a casa la macchina e gireremo col boda boda.
Mi ritiro in camera a scrivere le lettere. Aiuto, speriamo di fare in tempo! Ho preparato più di 100 bigliettini per Amici e Amiki. Senz’altro ho dimenticato qualcuno, perdonatemi.
Col boda boda andiamo dal meccanico a ritirare la macchina. Non è pronta, “te pareva”. Nell’attesa guardiamo i divanetti e le poltrone esposte lungo la strada. Andrebbero bene per Morulem, quelle che ci sono gridano vendetta al cielo, fa un po’ senso a sedersi. Mi piace immaginare quel salotto di bambù con quella fantasia africana nella missione e magari riuscire a cambiare anche le tende. La decisione ultima la lascio a Joseph per l’indomani.
Ci incontriamo con Sr Mary Angel e ci avviamo alla posta. Sembriamo tre disperati: scrivere, chiudere, attaccare i francobolli. Joseph pignolo mi rimprovera perché ho strappato un paio di francobolli. Arriva il messaggio di Ester che ha avuto una bambina. Mamma mia che sorpresa! Non abbiamo nemmeno il tempo di gustarci il momento. Peccato che siamo a Kampala, io sono in partenza, non possiamo andare a conoscere quella bella trappolina appena venuta alla luce.
Così per ridere sono arrivate le 14,30. Dobbiamo ancora andare a comperare la frutta e qualche regalino, poi di corsa alla Moroto House per preparare i bagagli, doccia e poi ancora di corsa all’aeroporto.
Nel tragitto da Kampala a Entebbe raccogliamo per la strada Davide (l’americano), Godfred, Franco (cugino aviatore) il quale una volta arrivati all’aeroporto ci aiuta ad entrare dove non si può.
Brindiamo alla mia partenza (c’è poco da brindare, mi consolano soltanto i messaggi mandati dai miei figli che mi augurano buon viaggio e che hanno un po’ di voglia di rivedermi).
La chitarrina non passa assolutamente perché è considerata un arma! Con grande dolore me la smontano e me la fanno mettere nella borsa. Sarà un problema rimontarla.
Mi accompagnano fino a dove si può. Poi tutti mi seguono dalla vetrata.
Riesco a compilare con molta facilità il modulo per l’immigrazione: non ci crederete, ma un mese d’inglese mi è servito a qualche cosa.
Alla una di notte parte l’aereo, mi addormento subito e fino alle cinque riesco a sonnecchiare. Alle 6 arriva la colazione e in un battibaleno arriviamo a Bruxelles. Faccio scorrere le foto che mi sono rimaste in macchina fotografica e rivivo i momenti di festa, i momenti vissuti nei villaggi, il nuvolo di bimbi che mi accerchiavano, le situazioni di povertà, i problemi delle Parrocchie non sempre guidate da preti seri. Non mi scandalizzo, sono completamente abbandonati a loro stessi, senza sostegno, né spirituale, né finanziario, qualche volta nei villaggi sperduti, lontano da tutto. Anche se è brutto a dirlo, ma è la realtà: quando non hai niente per tirare avanti e sei completamente solo, quel poco lo spendi magari per una birra o per il cartoccio di vino marsalato composto di alcool, tamarindo per colorare e altre porcherie che ti sfasciano il fegato e il cervello.
Joseph coraggio ti ho visto sereno e con voglia di fare: la missione di Morulem ora è ben curata anche se necessita di ristrutturazione e man mano sono certa che riuscirai a migliorarla sempre di più. Grazie anche per il sostegno che dai a Padre Daniel che forse si sente un po’ più valorizzato con il tuo appoggio. Sono certa che la vita continuerà a metterti alla prova, dovrai affrontare delle sfide, ma sappi che avrai sempre il nostro sostegno, ma soprattutto quello di Dio che ti ha aiutato quando la situazione era drammatica. Sicuramente ti farà sentire la sua presenza anche per le nostre preghiere.
Vai Joseph noi ti siamo sempre vicino.
Buona parte del mio cuore l’ho lasciato a Morulem.

 

VIAGGIO IN UGANDA ESTATE 2004

Un vero viaggio non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi

Laura e Dade Antonini

SCUOLA MATERNA DI KOTIDO

La scuola materna di Kotido è nata due anni fa, con due capanne, con lo scopo di tastare la disponibilità delle famiglie nel mandare i bambini a scuola. Visti i primi successi, la Caritas austrica ha provveduto alla costruzione dell’attuale edificio, molto solido e capiente, con un grande cortile e qualche gioco offerto dalla Parrocchia di Velasca.
La scuola accoglie 190 bambini dai 3 ai 5 anni, suddivisi per età in quattro classi con insegnanti.
La giornata:
– ore 8.00, entrata: preghiera e per noi tante canzoncine di benvenuto
– Attività in classe
– Ore 10.00: merenda-colazione, costituita da un bicchiere di porridge (una specie di semolino al latte)
– Gioco in cortile
– Attività in classe
– Ore 11.30: pranzo, costituito da polenta gialla e fagioli (per molti bambini è l’unico pasto della giornata!!)
– Ore 12.30: uscita. Fuori dai cancelli della scuola, ad aspettare i bambini delle famiglie più agiate, ci sono i boda-boda (biciclette taxi) che caricano tre o quattro bimbi e li accompagnano a casa.
Il preside e la direttrice Sr. Ursula sono molto felici della nostra visita e dicono che ogni nostro contributo è molto prezioso perché questa scuola non è sovvenzionata dal governo. E’ molto apprezzata dalla popolazione per la metodologia di insegnamento e hanno molte richieste per nuove iscrizioni.

VITA FAMILIARE IN DIOCESI

I nostri vicini sono molto speciali: Marcellina (sorella di Joseph) con i suoi due bambini, Fernanda e Benjamin; Santa (cognata e moglie di Alfred) con i suoi 5 bambini, Collins, Brian, Vincent, Charles e Sunday di 7 mesi. Ci sono con loro anche Patrick e Secondina. Li abbiamo conquistati grazie alle solite caramelle, che funzionano sempre.
Joseph, a nostra sorpresa è diventato un allevatore: pulcinotti, gallinelle, due papere, caprette. Stamattina all’alba una capretta ha partorito due piccoli.. C’è anche un grande orto e qualche campo coltivato. E’ molto bello vedere realizzati i progetti di cui parlava Joseph nel corso di questi anni. Una diocesi così attiva, oltre che per un discorso di autonomia, rappresenta un esempio alla popolazione qui intorno. Padre Joseph ci fa visitare gli uffici della diocesi e ci presenta il suo staff. E’ molto emozionante vedere negli uffici molto materiale che nel corso degli anni abbiamo raccolto con l’aiuto di tanti amici: i computers di Amadeus, invertitori, dischetti e marchingeni costruiti da Giancarlo, i telefoni con centralina di Massimo di Velasca (Peg Perego) e tanto altro.
Tante piccole gocce che permettono a questa gente di svolgere meglio il loro lavoro a servizio di tutti quelli che hanno necessità …e sono tantissimi!
La Caritas inoltre si occupa di corsi di formazione per donne che non hanno potuto frequentare la scuola, hanno aperto la falegnameria soprannominata Ikea–Kotido (i suoi mobili sono in tutta la Karamoja e il Labwor) e un‘officina meccanica; offrono sostegno alle scuole e alle parrocchie, coordinamento di tutte le varie Ong (Organizzazioni non governative) che operano nella zona: World Food Program, Oxfam, Caritas Austria e Norvegia ecc. e anche la nostra “piccola” Amiko.

UNA STORIA…

Durante una visita al dispensario-maternità di Kanawat incontriamo Sr. Maria che ci incanta con la sua energia e passione per quello che fa. Ci racconta molte storie.
“Una madre di un bambino di 7 mesi muore. Gli stregoni dicono che la causa della morte è il bambino. Lo abbandonano nel bush sul corpo della madre. Dopo 3 giorni un catechista lo trova ancora vivo ma in gravissime condizioni. Viene accolto dalla comunità del dispensario perché nessuno lo voleva, credendolo maledetto. Ora questo bimbo ha 15 anni, è andato a scuola e ha potuto conoscere suo padre anche se continua a vivere con le suore.”
Mentre chiacchieriamo si avvicina una bimba di massimo 10 anni, con un fratellino di 2 anni. Non hanno più i genitori e sono lì per curare il piccolo che è completamente debilitato dalla tubercolosi e non sa camminare. Suor Maria promette alla bimba che se cura bene suo fratello le regalerà un vestito nuovo. Quello che indossa è tutto un buco! Dade si commuove e promette di cercare nella valigia dei vestiti donati, qualcosa che vada bene per quella piccola “mammina”.
Dopo due giorni portiamo un vestitino in regalo alla piccola sorellina-mammina. E’ felicissima, ma soprattutto c’è una grande sorpresa: il fratellino questa mattina ha compiuto i primi passi!

INAUGURAZIONE DELLA GIANCARLO HALL

Arriviamo alle 10, puntuali per la Santa Messa solenne. Iniziano i canti e dal fondo della chiesa spuntano danzando le ragazze della scuola che indossano un maglietta con scritto “Giancarlo hall” fatta per l’occasione e hanno in mano i bellisimi fiori di frangipane. Che commozione! Ci aspetta una giornata piena di emozioni, dedicata tutta al nostro Gianca.
E’ bellissimo vedere sull’altare a celebrare tanti amici nostri e del Gianca: il Vescovo Denis, Padre Joseph Ochero, Padre Davide Ochole, Don Gianni e Padre Samuel (neo parroco di Morulem). Tutte le donne e gli uomini sono elegantissimi, muovono pennacchi e suonano lunghi tubi. Le offerte sono una moneta, un pugno di semi, qualche uovo…
Al termine c’è la processione verso la scuola e dopo la benedizione, Dade e il Vescovo Denis tagliano il nastro e consegnano ufficialmente le chiavi alla direttrice.
La festa continua con canti doni per gli ospiti, per le famiglie delle adozioni e con le danze tradizionali: arriva verso di noi una ragazza che sembra “indemoniata”, urla e ci invita a ballare: ci mancava proprio questa ed è toccato anche a noi . Al nostro consenso scoppia un applauso. Evviva, che gioia…soprattutto che ridere vedere i goffi muzungo (uomini dalla pelle bianca) che ballano!

LA SCUOLA PRIMARIA di MORULEM

Incominciamo la visita alla scuola guidati dalla direttrice.
E’ sabato, le aule sono vuote. Frequentano 1096 alunni, di cui circa 300 interne, con 18 insegnanti e 4 o 5 universitari tirocinanti.
Nella 2° classe notiamo che ci sono appesi alle pareti cartelloni che riguardano lo stesso identico programma che ha svolto Simone nella 2° elementare di Velasca. Non può mancare il paragone della classe di Simo composta da 11 alunni (con 4 maestre!!), confronto ai più di 100 di questa!!!
Sui muri esterni sono dipinte le parti del corpo umano per studiare scienze. Per terra, con dei sassolini, è disegnata la mappa del mondo per studiare geografia.
Durante la riunione con gli insegnanti, ci ringraziano per il nostro aiuto. Noi cerchiamo di incoraggiarli a svolgere con passione e coraggio il loro lavoro anche se le condizioni spesso non sono favorevoli. Proponiamo loro il nuovo progetto di corrispondenza tra gli alunni di Morulem e quelli della Scuola Media Quasimodo di Milano. Sono entusiasti! A settembre si farà partire tutto.
I dormitori ci lasciano senza parole. Un salone contiene 200 letti anche a 3 piani, tutti ammassati senza corridoi per passare. Sembra un immagine del film di Benigni “La vita è bella”… Immagino una ragazzina che di notte deve alzarsi e scavalcare tutte le altre compagne… Ovviamente senza luce!
Ora che la Giancarlo Hall sarà utilizzata come refettorio, Sr. Mary Angel vorrebbe trasferire un centinaio di letti nel ex refettorio per lasciare un pochino più di spazio nel dormitorio attuale.

…UN’ALTRA STORIA…

Una ragazza recita: “Fin da piccola ho fatto la baby sitter ai miei fratelli, il mio posto è in cucina a lavorare, il mio compito è andare al pozzo a prendere l’acqua; presto i miei genitori vogliono darmi a un uomo, la loro gioia sarà quando avrò un figlio….Ma io voglio andare a scuola, voglio un futuro migliore…” mentre recita viene travolta dal pianto: Io e Joseph pensiamo che faccia parte della drammatizzazione, ma poi vediamo che tutte le ragazze piangono e Sister Mary Angel va a consolarla. Padre David ci dice che è figlia di suo cugino e ha perso la madre da pochi mesi. Capisco in questo momento cosa c’è nel cuore di queste ragazze e che forse il nostro aiuto anche se ci sembra piccolissimo è l’unica possibilità che vedono e che gli dà qualche speranza. Ciò a cui abbiamo assistito non è una farsa fatta per fare piacere ai benefattori, è la loro vita e questo arriva a cuore di tutti noi, Vescovo compreso, che siamo lì a guardarla con le lacrime agli occhi. Mi auguro che anche tutti i genitori delle ragazze, a volte molto restii a farle studiare, abbiano capito quali siano i loro desideri per il futuro.